Il 13 ottobre 2025, Donald J. Trump, ex presidente degli Stati Uniti, ha firmato il cosiddetto "Trattato di pace" al Summit per la Pace di Sharm el‑Sheikh, mettendo fine a un conflitto di quasi un anno nella Striscia di Gaza.
L'evento si è svolto alle 11:30 EET nel Sharm El‑Sheikh, località balneare del Mar Rosso, presso il Centro Congressi Internazionale (coordinate 27°57'56.0"N 34°21'14.0"E). L'organizzatore principale è stato il presidente egiziano Abdel Fattah el‑Sisi, che ha aperto la cerimonia con una dichiarazione di speranza per una «nuova era di stabilità nella regione».
Il conflitto tra Israele e Hamas era iniziato nell'ottobre 2024 e aveva già causato circa 7.800 morti, oltre a una crisi umanitaria senza precedenti a Gaza. Dopo mesi di negoziati sul tavolo americano, il proposta di cessate il fuoco degli Stati UnitiGaza è stata accettata da entrambe le parti il 8 ottobre, aprendo la strada a una soluzione più ampia.
Il rilascio degli ultimi 20 ostaggi a Gerusalemme, avvenuto il 12 ottobre alle 20:15 IST, ha creato una finestra di opportunità diplomatica che Trump ha voluto sfruttare al massimo.
Oltre a Trump ed el‑Sisi, al tavolo hanno partecipato:
Mahmoud Abbas, presidente dell'Autorità Palestinese; Emmanuel Macron, presidente della Francia; Friedrich Merz, cancelliere della Germania; Keir Starmer, primo ministro del Regno Unito; Tony Blair, ex premier britannico; Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia; e Tamim bin Hamad Al Thani, emiro del Qatar. Il documento è stato firmato anche da rappresentanti dei più importanti paesi del Golfo.
Curiosamente, Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, ha scelto di non partecipare, citando preoccupazioni sulla sostenibilità degli Accordi di Abramo.
Durante il discorso, Trump ha affermato: "Ora inizia la ricostruzione. Se Hamas è smilitarizzato, la pace durerà per sempre".
Il presidente egiziano el‑Sisi ha definito l’accordo "un passo storico verso la stabilità del Medio Oriente". Macron ha sottolineato "l'importanza di una soluzione bidimensionale che rispetti i diritti dei palestinesi e garantisca la sicurezza di Israele".
Erdoğan, da parte sua, ha espresso speranza che l'Accordo possa aprire la strada a una più ampia normalizzazione dei rapporti con Gerusalemme per i paesi arabi, mentre l'emiro del Qatar ha promesso di monitorare la fase di transizione per assicurare che i fondi arrivino effettivamente.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno accolto con cautela la notizia, chiedendo trasparenza sull'applicazione dei fondi e sulla reale smilitarizzazione di Hamas.
Il ritorno di Trump sulla scena internazionale, ora come ex presidente ma ancora influente, segna un cambiamento rispetto alla sua precedente politica di “America First” che aveva scartato una soluzione a due stati. Gli esperti del Brookings Institution notano che l'accordo "rappresenta una svolta notevole, passando da una posizione di antagonismo a una di mediazione attiva".
L'assenza di Netanyahu, però, potrebbe preannunciare tensioni interne in Israele, dove il nuovo primo ministro potrebbe rivalutare gli Accordi di Abramo. Nel frattempo, l'Iran è stato menzionato da Trump come possibile futuro partecipante al processo di pace, ma solo se disposto a rinunciare alle sanzioni.
Il monitoraggio internazionale sarà cruciale: l'ONU ha già istituito una commissione mista per verificare la smilitarizzazione di Hamas entro dicembre. Inoltre, le imprese di ricostruzione provenienti dagli Emirati, dalla Arabia Saudita e dal Qatar dovranno coordinarsi con le autorità palestinee per garantire che i lavori partano entro la fine del 2025.
Se il trasferimento di potere a Gaza avverrà senza intoppi, potremmo assistere a una rinascita economica che coinvolgerà anche l'industria turistica egiziana, già fortemente dipendente dagli afflussi di pellegrini e visitatori cristiani.
Il summit di Sharm el‑Sheikh ha dimostrato che, nonostante le complessità, il dialogo multilaterale può ancora produrre risultati concreti. Resta da vedere se la speranza di una pace duratura si tradurrà in una realtà tangibile per i cittadini di Gaza e per l'intera regione.
Il piano prevede 14,7 miliardi di dollari di investimenti. Questi fondi, suddivisi tra Emirati, Arabia Saudita, Qatar e USAID, saranno destinati a ricostruire abitazioni, infrastrutture sanitarie e scuole, creando vicino a 150.000 posti di lavoro entro il 2027.
Secondo analisi di Chatham House, Netanyahu temeva che l'accordo potesse indebolire la posizione di Israele sugli Accordi di Abramo, soprattutto perché prevede la fine di qualsiasi annessione di territorio palestinese.
La data prevista è il 20 aprile 2026, a condizione che Hamas sia completamente smilitarizzato e che le autorità palestinesi dimostrino capacità amministrative durante il periodo di transizione di sei mesi.
Trump ha accennato che l'Iran potrebbe essere invitato a partecipare a tavoli di negoziazione, ma solo dopo aver accettato di ridurre le sanzioni e di aderire a un protocollo di non proliferazione. Al momento non c'è una conferma ufficiale.
L'accordo prevede l'invito a tutti i partecipanti a "aderire agli Accordi di Abramo"; così, si prevede un allargamento del blocco di cooperazione economica e militare tra Israele e i paesi del Golfo, rafforzando la sicurezza regionale.
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